Maurizio MINGHELLA

Maurizio MINGHELLA

AKA "The Valpocevera Strangler"

Classification: Serial killer
Characteristics: Necrophilia
Number of victims: 4 - 9 +
Date of murders: 1978 / 1996 - 2001
Date of arrest: March 2001
Date of birth: 1954
Victims profile: Anna Pagano, 20 / Giuseppina Jerardi, 23 / Maria Catena Alba, 14 / Maria Strambelli, 21 / Wanda Scerra, 19 / Loredana Maccario, 53 / Fatima H'Didou, 27 / Cosima Guido, 63 / Tina Motoc, 27 (prostitutes)
Method of murder: Strangulation / Beating with a rock
Location: Genova/Torino, Italy
Status: Sentenced to life in prison in 1982. Released in 1995. Sentenced to life in prison on June 8, 2005

Maurizio Minghella (Genova, 16 luglio 1958) è un criminale e serial killer italiano, condannato a 131 anni di carcere per aver commesso una serie di 10 omicidi di prostitute avvenuti fra il 1996 e il 2001 a Torino quando era in semilibertà, dopo che aveva ucciso 5 donne a Genova nel 1978. Inoltre è stato condannato per rapina, sequestro di persona e fuga dal carcere.

Biografia

Maurizio Minghella nasce a Genova nel 1958, vive nel quartiere di Bolzaneto in val Polcevera, quando ha sei anni la madre si separa dal marito e cresce da sola 5 figli, compreso Maurizio. Poi la madre si lega ad un nuovo compagno che picchia tutta la famiglia e comincia a covare un odio profondo definendo il convivente della madre con queste parole al primo interrogatorio:

« Era un alcolizzato e ci menava di brutto. Lo detestavo parecchio, sovente ho sognato di ucciderlo, stringendogli una corda al collo da dietro le spalle »

Frequenta la scuola senza riuscire a superare la seconda elementare, e a 12 anni frequenta ancora la prima. A scuola prende i compagni per il collo e tappa loro il naso o la bocca[senza fonte]. Lasciata la scuola si trova a fare piccoli lavoretti tra cui il piastrellista, pur continuando sovente a rubare scooter, moto, Fiat 500 o Fiat 850 per sfrecciare in val Polcevera e dintorni. Donnaiolo, veniva visto sempre con ragazze diverse ed era stato soprannominato il "Travoltino della val Polcevera". Si appassiona al pugilato ma poi viene cacciato dopo aver picchiato un ragazzo[senza fonte]. Un episodio che avrà poi forti ripercussioni sulla sua psiche è la morte del fratello, schiantatosi in moto.

Da questo episodio Minghella comincerà a sviluppare una morbosa attrazione per i morti, specialmente di giovane età. Riformato dal servizio di leva per disturbi psichici, sposa nel 1977 la quindicenne Rosa Manfredi, dipendente dagli psicofarmaci. Il matrimonio ha comunque vita breve: Minghella è un assiduo frequentatore di prostitute, e la ragazza muore in seguito ad una overdose da farmaci dopo un aborto spontaneo. L'aborto spontaneo traumatizza ulteriormente il Minghella e la sua fragile personalità. Nel 1978 viene visitato nella clinica psichiatrica dell'Università di Genova e al test del Q.I. risulta di 70.

I primi omicidi del 1978

Il 18 aprile 1978 uccide a Genova la prostituta ventenne Anna Pagano, nascondendone poi il cadavere nei pressi di Trensasco, frazione di Sant'Olcese. Il cadavere è ritrovato da alcuni pastori, ha la testa fracassata ed è stata seviziata con una penna a sfera conficcata nell'ano. Inoltre Minghella tenta di depistare le indagini scrivendo sul corpo "Brigate Rosse" con un errore di ortografia, ma la polizia si accorge subito del depistaggio.

L'8 luglio uccide Giuseppina Jerardi a Genova con le stesse modalità e nasconde il cadavere in un'auto rubata e abbandonata. Il 18 luglio uccide Maria Catena "Tina" Alba di 14 anni, che viene trovata a Valbrevenna nuda il giorno successivo, il corpo legato con una specie di garrota ad un albero. Il 22 agosto uccide Maria Strambelli di 21 anni, commessa di origine barese, il corpo viene trovato a 3 giorni dalla scomparsa nella periferia di Genova.

L'ultima vittima è Wanda Scerra di 19 anni, scomparsa il 28 novembre. Il cadavere viene scoperto nella scarpata che costeggia la ferrovia Genova-Milano nei pressi di Genova. La vittima è stata violentata e strangolata.

L'arresto del 1978, il processo e il carcere fino al 1995

Minghella viene arrestato e la notte tra il 5 e il 6 dicembre confessa l'uccisione della Strambelli e della Scerra, ma nega le responsabilità degli altri omicidi. Viene richiesta una perizia calligrafica tra la calligrafia di Minghella e il tentativo di depistaggio ritrovato sul corpo di Anna Pagano. Sia la scrittura che la penna usata per sodomizzare la vittima vengono ritenute di Minghella. Per l'omicidio di Tina Alba, viene ritrovato un paio di occhiali di Minghella sulla scena del crimine.

Il 3 aprile 1981 viene condannato dalla Corte d'Assise di Genova all'ergastolo per i 5 omicidi da scontare presso il carcere di massima sicurezza di Porto Azzurro. In carcere si è sempre proclamato innocente e negli anni Ottanta anche don Andrea Gallo chiese la revisione del processo. Nel 1995, a 37 anni, ottiene la semilibertà e viene trasferito al carcere delle Vallette di Torino. Entra nella comunità di recupero di don Ciotti, in una delle cooperative del Gruppo Abele dove lavora come falegname dalle 17 alle 22.

Cronologia degli omicidi accertati tra il 1996 e il 2001

Nel marzo 1997 uccide la prostituta Loredana Maccario di 53 anni in casa della donna in via Principe Tommaso nel quartiere torinese di San Salvario. A maggio strangola con il laccio di una tuta da ginnastica a Caselette la prostituta marocchina di 27 anni Fatima H'Didou dopo averla picchiata e violentata.

Il 30 gennaio 1999 strangola con un foulard la prostituta originaria di Taranto di 67 anni Cosima Guido detta "Gina" nell'appartamento dove riceveva i clienti in piazza IV marzo, sempre nel quartiere di San Salvario. Sulle scale del pied-à-terre della donna vengono ritrovati due pezzi di carta assorbente da cucina con tracce biologiche di Minghella.

Florentina "Tina" Motoc, 20 anni, viene uccisa nella notte tra il 16 e il 17 febbraio 2001. Percossa brutalmente al volto e al capo, Minghella ha poi cercato di sbarazzarsi dei vestiti della ragazza accendendo un piccolo falò.

È l'ultimo omicidio di Minghella: le tracce di DNA, impronte complete o parziali ritrovate nei luoghi dei delitti, le modalità simili degli omicidi e la fascia oraria in cui sono avvenuti (tutti dopo le 17), portano la polizia ad arrestarlo.

Il nuovo arresto e il nuovo processo

Minghella viene arrestato il 7 marzo 2001 e a casa sua vengono trovati i cellulari delle vittime con il numero di matricola cancellato. Il cellulare di Minghella viene inoltre rintracciato nella zona dove si trovava la Motoc la sera del delitto. Condotto nel carcere delle Vallette, nella primavera 2001 tenta di evadere fuggendo dalla lavanderia, ma riesce ad arrivare solo al primo muro di cinta.

Nella mattina del 2 gennaio 2003 si fa ricoverare per dolori al petto e al braccio nel pronto soccorso del carcere, ma nel pomeriggio fugge e prende un treno alla stazione di Torino Porta Nuova e riesce ad arrivare a Biella. Viene arrestato alle 22 dello stesso giorno.

Sospettato di dieci omicidi di prostitute, ma condannato solo per quattro di essi, il 4 aprile 2003 la Corte d'Assise di Torino lo condanna all'ergastolo per l'omicidio della Motoc e a 30 anni di carcere per gli omicidi di Cosima Guido e Fatima H'Didou. Al momento è rinchiuso in isolamento nel carcere di Poggioreale a Napoli.

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Maurizio Minghella

9 aprile 1978, Trensasco, entroterra nord occidentale di Genova: alcuni pastori trovano il corpo senza vita di Anna Pagano, 20 anni, una prostituta dedita agli stupefacenti. Ha la testa fracassata, le gambe e la schiena ricoperte di sgrammaticate scritte alludenti alle Brigate Rosse. L'assassino ha seviziato il cadavere, conficcando nella cavità anale della vittima una penna a sfera.

Tre mesi più tardi, l'8 luglio 1978, un’altra donna, Giuseppina Jerardi, 23 anni, viene trovata priva di vita su un'automobile rubata e abbandonata alla periferia di Genova.

Undici giorni dopo, il 19 luglio, la polizia scopre il terzo delitto: in uno spiazzo ai margini del torrente Brevenna viene trovato il cadavere di Maria Catena Alba, detta Tina, appena quattordicenne, scomparsa da casa il giorno precedente: il corpo, nudo, era legato ad un albero con una grossa corda, alla maniera della “garrota”. La morte è avvenuta, fu la risposta dei periti, per strangolamento.

La notte del 22 agosto Maria Strambelli, 21 anni, una giovane commessa barese da pochi anni a Genova, dopo aver trascorso la serata in compagnia di una amica, non fa ritorno a casa e il suo cadavere, in avanzato stato di decomposizione, viene trovato tre giorni dopo in un bosco a pochi chilometri dalla sua abitazione, ancora una volta alla periferia nord occidentale della città.

L'ultimo delitto viene scoperto il 3 dicembre, lungo la scarpata che costeggia la ferrovia Genova-Milano, dove giace il corpo di Wanda Scerra, 19 anni, scomparsa da casa la sera del 28 novembre. Anche in questo caso, come per la Jerardi, la Alba e la Strambelli, la morte è stata causata da strangolamento.

Le indagini, condotte dalla squadra mobile genovese, puntano subito su Maurizio Minghella, 23 anni, ex pugile dilettante di origine calabrese, piastrellista, soggetto a turbe psico-sessuali, un giovane molto noto nella zona per il suo carattere insofferente, esperto nei furti di automobili e, soprattutto, abituale frequentatore di almeno due delle vittime.

Nella notte tra il 5 e 6 dicembre, nel corso di un ennesimo interrogatorio, Minghella crolla e confessa i delitti di Maria Strambelli e Wanda Scerra. Nega, invece, quelli delle altre tre ragazze. Ma anche per i casi insoluti la polizia sospetta subito di Minghella: troppe analogie, troppi punti di contatto con le morti di Wanda e Maria. E’ così che, nel corso di un supplemento di indagini, il nome di Minghella viene avvicinato a quelli di Anna Pagano e Maria Catena Alba. Per la prima gli indizi di colpevolezza si basano su una perizia calligrafica compiuta sul corpo della ragazza. Le scritte inneggianti alle Brigate Rosse sono opera, secondo gli esperti, di Minghella. Anche la penna conficcata nel corpo della Pagano sarebbe stata di proprietà del giovane. Per l'assassinio di Maria Catena Alba la prova è data, secondo l'accusa, dalla presenza, nell'appartamento di Minghella, di un paio di occhiali in possesso della ragazza al momento della sua uccisione.

Condannato all’ergastolo con sentenza definitiva nel 1982, la vicenda giudiziaria di Maurizio Minghella che, dopo aver ritrattato la sua confessione, accusando la polizia di maltrattamenti, continua a professarsi innocente, sembra finire qui. In carcere il suo comportamento è irreprensibile. In due circostanze, nel 1982 e ancora 17 anni dopo, Minghella tenta vanamente la via della revisione processuale.

Nel 1995 ottiene la semilibertà, può cioè uscire durante le ore diurne per lavorare. Trova un lavoro da falegname in una struttura della comunità del Gruppo Abele, conosce una ragazza e da lei ha un figlio.

Conclusa la sua storia da serial killer, per lui sembra cominciare quella di un uomo che sta pagando per i suoi delitti e sta anche, lentamente, riabilitandosi. Ma, purtroppo, non è così.

Sul finire del 1996, in coincidenza con alcune sue assenze dal lavoro, si registrano a Torino e nei dintorni orrendi delitti di prostitute, violentate prima di essere uccise. La polizia apre un’indagine e mette nel mirino proprio gli spostamenti di Minghella. Risultato: nel 2003, dopo un’evasione durata appena poche ore, Minghella viene condannato all’ergastolo per l'uccisione della prostituta romena Tina Motoc e a 30 anni ciascuno per gli omicidi di altre due prostitute, la marocchina Fatima Didou e la 67/enne Cosima Guido.

Il sospetto degli inquirenti, però, è che il curriculum criminale di Maurizio Minghella non sia ancoa completo Il 30 settembre dello stesso anno, la corte d’ Appello di Torino conferma le condanne che Maurizio Minghella ha subito in primo grado, ma, per una complicata questione di procedura, gli riducono la pena da due ergastoli a uno. L’8 giugno 2005 la prima sezione penale della Cassazione, presieduta dal giudice Mario Sossi, conferma la condanna all'ergastolo.